Mauro Mazzo
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- Scritto da Valerio BALBOA Santagostino
Valerio “BALBOA” Santagostino pone le sue domande a:
MAURO MAZZO

A sei anni passava le vacanze estive a Zeme, in casa della nonna in Lomellina e con la cannetta in bambù e i vermi cominciava a insidiare scardole e trote. Come prima evoluzione passa alla canna da spinning, con cui insidia lucci nelle rogge.
A 18 anni, grazie al papà di un caro amico, che lo inizia alla pesca a mosca con un’uscita sul Lago di Olginate, si innamora di questa tecnica che approfondisce sull’Adda e sul Sesia.
Poco più tardi abbandona definitivamente la camolera e lo spinning, per dedicarsi completamente alla mosca.
Imprenditore, pescatore a mosca, Fly Ambassador di G.Loomis e Patagonia, è sicuramente il più instancabile globe-trotter della pam italiana.

Vuoi mettere le auto sportive che hai sempre amato molto…
M: Ti dirò che l’ho ordinata cosi, perché è un colore che mi piace molto e poco sporchevole, cosa che mi permette di arrivare in ufficio, dopo una veloce pescata mattiniera, senza che la cosa venga notata.
La passione per le auto sportive è rimasta, assolutamente con tetto apribile, così posso fare brevi spostamenti con la canna montata.
M: E’ dall’85 che viaggio, dal primo che ho fatto in Alaska.
Potrei azzardare un’ipotesi: senza contare i long weekend in Europa, direi…..3-4 all’anno per 35 anni.
Ma una cosa ci tengo a dire. Ho pescato, credo, quasi tutti i pesci insidiabili a mosca, sia in acqua dolce che in quella salata e ti posso assicurare che non condivido l’opinione di quelli che dicono che dopo aver pescato in qualche location esotica, non apprezzano più i nostri torrenti.
A me una trotella catturata in un torrente delle nostre montagne dà la stessa soddisfazione di un pesce vela in Florida o di un mahseer himalaiano.

British Columbia steelhead presa sul Copper river.

Dorado preso in Uruguay, meta che negli ultimi anni visito di ritorno dai viaggi in Patagonia

Vela preso al Crocodile Bay Lodge.

Il Masheer pesce mitico dell’Himachal Pradesh, meta di un viaggio indimenticabile fatto con l’amico Mamo Perletti.
M: Vorrei pescare in un posto nel quale ha pescato talmente poca gente che anch’io, in questo momento non lo conosco

Uno spot “vergine” insomma, come il mio segno zodiacale…del quale vado molto fiero.

Il campo sul lago Strobel, dove si catturano trote di dimensioni gigantesche.
M: Dalle tre cifre in su.
M: Si, cinque volte in totale, sia nell’isola del Nord che in quella del Sud. Molto bella.
L’ultima volta però, sul fiume Ugly, mi sono talmente seccato, anzi, direi imbufalito a causa del comportamento di qualche miliardario che si faceva portare in giro tutto il giorno in elicottero saltando dalle migliori pool di un fiume all’altro, che non ci sono più andato.
In NZ tutti sanno che se hai davanti un altro pescatore, in quelle acque non prendi più nulla per tre giorni. Anch’io usavo l’elicottero, ma nella modalità “in&out”, cioè mi facevo scaricare alla mattina sul fiume e dopo qualche giorno mi facevo riprendere.
Quei signori invece usavano l’elicottero come un taxi…si, mi sono raffreddato per via di quel comportamento, peccato.

L’elicottero utilizzato per farci portare in una zona remota dell’isola del sud, zona in cui abbiamo campeggiato per qualche giorno.

La mia prima grossa fario neozelandese, il cui peso per un pelo non ha superato la mitica barriera delle 10lb.
M: La mia brown più grossa. L’ho pescata sul Traful, in Patagonia Argentina, con una ninfettina sul 14 e lo 0,12. Misurava 83 centimetri!

Una delle due grosse fario catturate sul Traful in una fortunatissima mattinata.
M: Si, si…io di norma pesco sempre sottile, perché trovo che a ninfa, utilizzando imitazioni piuttosto piccole, il filo sottile aiuti nell’affondamento e quindi normalmente nelle nostre acque utilizzo 0,12 e 0,14. Quando insidio pesci importanti salgo ovviamente con il diametro del monofilo. Però, a conferma che a pesca è impossibile fare previsioni esatte, pescando fario di taglia media, mi sono ritrovato a combattere con un iridea di 7 chili, presa a Piode, che vedi nella foto dietro di te. Onde evitare polemiche, preciso che uso solo ami barbless, di cui il pesce si libera facilmente in caso di rottura, e comunque come detto se prevedo catture importanti, uso monofili di diametro adeguato.

Iridea del Sesia catturata il giorno del mio compleanno. Non avrei potuto ricevere miglior regalo.

M: Che ci tenga particolarmente, nessuno…anzi si, il marlin…ne ho agganciato uno a Cabo San Lucas, pescando i vela, l’ho perso e da allora mi è rimasta la voglia...
M: Che sono tutte utili a livello propedeutico. Detto questo, ed è una mia scelta personale, una volta acquisita buona padronanza della tecnica di lancio, il mio interesse primario è andato alla pesca.
Penso che le scuole siano utili soprattutto per avvicinare i pescatori alla mosca, e mi va anche bene che inizialmente privilegino il lancio alla pesca, ma per me un pescatore a mosca lancia per prendere pesci.
Dal mio punto di vista ognuno deve essere libero di usare l’attrezzo e la tecnica che preferisce.
Ti faccio un esempio: io ora utilizzo spesso una 9 #3 o 4 sia a ninfa che a secca, ed una 7.6 #9 per i lucci e per la pesca in mare, e mi diverto molto, che è il fine ultimo del mio andare a pesca.
Odio le diatribe tra moschisti del tipo canna corta vs. canna lunga, ninfa vs secca, coda DT o WF, etc…perché sono divisive per un gruppo già sparuto. Se ci dividiamo in gruppetti da Bar, diventiamo ancora più deboli, mentre dovremmo cercare di essere uniti in modo da avere voce in capitolo su temi importanti come l’ambiente e la gestione delle acque.

Luccio che passa abbondantemente il metro catturato in una risorgiva

Temolo del Brenta, sicuramente il più ciccio tra quelli che ho catturato.

Salmerino catturato in un fiume remoto della Patagonia Argentina.
Ne proibiresti qualcuna?
M: Onestamente no perché mi sembra assurdo giudicare la sportività di una tecnica in base ai metri di filo del finale. Quando ero molto più giovane, uno che pescava con 7,5 m di finale a secca era considerato un semi-Dio, oggi se usi la stessa lunghezza di finale con la ninfa, sei un c…e!
Vietiamo allora la pesca a ninfa, sarebbe più coerente.
In conclusione io ritengo che una volta stabilito un regolamento base, possibilmente semplice, che per un tratto di fiume definisca il numero delle mosche che si possono usare ed il tipo di piombatura, nel caso sia consentita, tutto il resto è creare disagio inutile che finisce per allontanare tanti dalla pesca a mosca.
Ultimamente con un permesso stagionale mi hanno fornito una dima per misurare le dimensioni delle palline, la lunghezza delle mosche ed il diametro della coda. Adesso tremo pensando alle possibili evoluzioni. Probabilmente dovremo dotarci di una bilancia elettronica per pesare le mosche…Spero che qualcuno capisca che a pesca si va per rilassarsi.
Fammi degli esempi in cui il lancio ha fatto la differenza.
M: Per il salmone Atlantico, assolutamente. Avere una buona padronanza del lancio aumenta e non di poco le probabilità di cattura. Senza contare che è utilissimo saper lanciare a due mani sia di destro che di sinistro.
Sfatiamo la leggenda metropolitana di quello che pesca e prende “solo” a 7-8 metri e che non serve saper lanciare oltre i 10. Diciamo che non è indispensabile, ma perché porsi limiti? Personalmente mi sono dato come target l’essere in grado di utilizzare tutte le canne, dalla 1 alla 14 e possibilmente farlo decentemente. A me non interessa diventare il più bravo del cortile, quello che lancia più lontano o che ha il loop più stretto. A me interessa essere a mio agio in qualsiasi situazione di pesca e questo richiede una buona padronanza della gamma più ampia possibile di attrezzature e code. Questo è il mio obiettivo e siccome la mia natura è fare le cose in maniera seria, mi sono sempre impegnato.

Salmone preso a secca in Labrador dove oramai da anni ci facciamo guidare da Daryl, guida veramente molto capace.

Salmone catturato sul Tweed in autunno, quando le risalite di salmoni erano ancora abbondanti.

Salmone catturato sul Rynda, guidato da Nina, camp manager del lodge della ASR.

Salmone freschissimo preso sull’Hawk river.
Quale ti porti?
M: La Klinkhammer, senza ombra di dubbio. Perché pesco moltissime volte su trote e temoli e funziona sempre. E’ la mia “go-to” ( ndr: o anche “go for it”).
Lo sai che nasce come mosca da temolo e che Hans le testava nel Glomma, in Norvegia? Il suo segreto è che rompe la pellicola superficiale e quindi lavora come secca ma anche come sommersina.

Grosso temolo preso in Zona trofeo dell’Idrijca.
Che differenza c’è tra un pescatore americano e uno europeo?
M: C’è questo luogo comune che l’americano sia meno capace dell’europeo.
La differenza è principalmente nei numeri. In Italia siamo 20.000 pescatori a mosca, in America sono 20 milioni, quindi chiaramente da loro ci sono molti pescatori, per cui la pesca è un passatempo a cui dedicare pochi giorni all’anno.
Ma anche negli USA ci sono delle eccellenze, come il mio amico Craig Mathews. A secca è un mostro!
M: Mah…ti dirò, non è vero neanche questo. L’Hanry’s Fork è la casa del cappotto, ad esempio. Sai, c’è un mood particolare di chi torna da quei fiumi.
Sono posti stupendi, tornano tutti elettrizzati e con la voglia di ripartire, ma nessuno ti dice che ha preso poco.
Mentalmente un viaggio del genere non può contemplare un numero basso di catture, non lo ammetteranno mai.
M: E’ uno dei pescatori più assatanati che io conosca. Solo il buio o i fulmini lo fanno uscire dall’acqua.
Da lui ho imparato che è fondamentale ascoltare tutti in pesca, soprattutto i “locals”.
E lui, per primo, ascolta sempre tutti.

Durante un viaggio ad Abaco abbiamo fatto uno scherzo all’amico Yvon, indossando tutti una camicia uguale alla sua, che si era fatto fare con un tessuto che pensava non fosse stato messo in produzione.
Sono comprese le belle signore

M: Ne ho conosciuti molti e parecchi davvero bravi. Per citarne un paio Craig Mathews che a secca ti fa nero e per il gentil sesso, Ia mia amica Marcela Appelhanz.
Metà dell’anno fa la guida in Patagonia Argentina e l’altra metà negli USA. Ha passato cinque anni nei Marines, una macchina da guerra, credimi.

L’amica Marcela, bravissima guida ed ottima pescatrice.
Urka, pure carina!
E quelli che pescavano meglio?
M: Senza ombra di dubbio Palù e Pugno.
Francesco era la duttilità, l’eclettismo fatto a persona. Mi ricordo ancora quando gli rompevano le balle con le sue tele-regolabili a due mani…e lui se ne fregava bellamente e continuava a prendere pesci…e più degli altri.
Arturo è la prova vivente di quanto possa farti catturare la conoscenza approfondita di una tecnica e di un fiume. Arturo Pugno a mio parere è il perfetto pescatore “Zen”.
Tutte e due sono sempre scesi in acqua nel posto giusto al momento giusto. E questa è la prima cosa da sapere: dove andare e come andarci. Sembra una cosa scontata, eppure non lo è e questa abilità assoluta sicuramente li contraddistingue.
Inoltre Palù e Pugno hanno sempre avuto la voglia di prendere pesci.
A questo proposito ci tengo a sfatare un altro luogo comune, che è quello che al pescatore a mosca non frega niente della cattura.
Tutte balle, grandissime balle!
Sai qual è il libro più venduto in assoluto di pesca a mosca?
E’ “The Curtis Creek Manifesto” di Sheridan Anderson…tant’è che la sua frase più famosa l’abbiamo messa come incipit nel libro “Simple Fly Fishing”:
“Despite rumors to the contrary, the paramount objective is: to catch fish” (ndr: Nonostante le voci dicano il contrario, l’obiettivo principale resta prendere i pesci).

Foto ricordo scattata sul Sesia in compagnia di tre grandi pescatori : Arturo Pugno, Gianni Gamondi e Yvon Chouinard.
E i più precisi sono proprio i “filosofi”, quelli che affermano che non contano mai, quelli del profumo di mentuccia, etc…
Il tuo grande amore rimane e rimarrà sempre il Salar?
M: Assolutamente. Ho iniziato con la lettura di molte riviste e libri inglesi che mi facevano sognare la pesca al Salar.
Poi, con Angelo Gariboldi di Garue ed una Hardy De Luxe, ho cominciato a impratichirmi con il lancio a due mani sul Ticino. Il primo viaggio “serio” a salmoni è stato in Finlandia, visto che il mio budget non mi permetteva i grandi fiumi da salmone, come il Tweed.
Negli anni, pescare salmoni in qualche fiume con risalite notevoli era diventata la mia ossessione, un pò come quelle belle fanciulle che corteggi una vita ma che non si concedono mai!

Poi verso la fine degli anni 90 ho cominciato con viaggi dal budget più impegnativo.

Salmone della Penisola di Kola.

Salmone di 32 pound catturato sullo Zolotaya, piccolo fiume della penisola di Kola.

Un grosso salmone del Gaula dove per anni ho affittato una beat assieme a due cari amici.
M: Il prezzo dei fiumi russi più blasonati è diventato stellare, cosa giustificata dall’uso degli elicotteri e dall’aumento della domanda interna che non bada a spese. A questo si è aggiunto il fatto che sulla costa Atlantica canadese i salmoni li pesco a secca. E’ una bella differenza!

Insidiare il salmone atlantico facendo pattinare un bomber, è una delle mie tecniche di pesca preferite

Altro salmone catturato sul Gaula.
Come è nata l’idea di produrre tubi di alta tecnologia?
M: Mio padre produceva tubi raccordati tradizionali, mercato che diventava sempre più inflazionato, ed io, negli anni 80, ho capito che se non avessimo automatizzato la produzione e sviluppato tecnologie proprietarie, saremmo spariti.
I primi tubi prodotti dalle nostre linee automatiche, costavano almeno il 10% in più rispetto alla concorrenza, ma erano controllati al 100% contro le perdite.
Mi rispondevano: “chissenefrega!”.
Ma ho continuato su quella strada, disegnando ed assemblando all’interno le nostre linee automatiche.
In definitiva ho cambiato le regole del mio gioco, e mi sono ritrovato, almeno in Europa, a non avere quasi più concorrenti.
Complimenti…e so anche che in alcune giornate, hai sostituito i tuoi operai sulle macchine.
Di nuovo complimenti, da imprenditore a tecnico specializzato.
M: Trovo fondamentale il buon esempio, non si può chiedere ai propri dipendenti sacrifici, stando seduti alla scrivania. Essendo partito dalla gavetta, devo dire che la cosa non mi ha creato nessun problema.

Con l’amico Raffaele Mascaro, mentre facevamo dei filmati, abbiamo avuto la fortuna di catturare questa bellissima fario.
Cosa pensi del No-kill?
Ne sei un accanito sostenitore, lo vorresti parziale o non ti piace come idea, lo riserveresti per aste di fiume molto più lunghe delle attuali o dappertutto, avresti altre soluzioni…etc…?
M: Fondamentalmente ne sono un sostenitore, ma siccome odio imporre le mie regole ad altri, capisco coloro che vogliono mangiarsi ogni tanto il loro pesce.
Spero ardentemente che lo facciano, visto le condizioni delle acque del pianeta, rispettando le misure minime, le freghe ed evitando di mettere in tavola pesce selvatico. Visto che (purtroppo) i pesci pollo vengono seminati in abbondanza, che almeno mangino quelli.
M: Una delle migliori che ho visto è quella del Passirio a Merano, la riserva in gestione alla Fischer Stodtboch. Non fanno semine di nessun tipo, solo pesce selvatico.

Il Passirio a Merano che abbina al tratto cittadino un tratto molto naturale.

Bellissimo temolo del Passirio a Merano.
M: Verissimo e anche che il bracconaggio, visto che è un tratto cittadino, è quasi impossibile.
M: Pur immaginando che certe scelte siano state fatte per accontentare tutti, cosa per altro impossibile, mi auguro che dopo il rodaggio di questa nuova gestione, il regolamento venga semplificato e rivisto in alcuni punti.
M: Dolce senz’altro…pur avendo pescato tanto anche nella salata.

Bel permit catturato a Cuba.

Un roosterfish, pesce che per anni ho cercato di prendere a mosca e che sono finalmente riuscito a catturare in Baja California.

Un pesce del Rio della Plata la cui cattura ha reso felicissime le guide, perché a mosca non se ne catturano molti.
M: A me piace fare i prototipi, poi li consegno ai veri maestri che mi fanno la serie.
Sui miei fornitori…no, non te li dico, manco sotto tortura!


M: Stai parlando sicuramente di Claudio, un vero maestro, non riesce a farle neanche per me!

Sei amico e hai frequentato molti campioni di pesca, raccontami le qualità e le specialità di ciascuno di loro.
M: Quelli che ho frequentato maggiormente sono Sandro Soldarini e Valerio Santi Amantini. Del primo ho sempre ammirato la grinta, del secondo l’approfondimento, lo studio dell’attrezzatura, la meticolosità nel preparare ogni componente della pesca.
M: Sono l’esatto contrario della mia idea della pesca. Io amo pescare da solo e in fiumi poco battuti. La gara ti obbliga a fare l’opposto.

La mia più grossa marmorata presa in Sesia.
M: La fotografia e l’Hi-Fi: adoro ascoltare i miei 33 giri di musica Blues e Jazz.
M: Dalla passione per la meccanica e dall’ammirazione per il lavoro artigianale. Ammiro molto l’abilità di questi personaggi nel mantenere vive lavorazioni spesso dimenticate.

A pesca sul Test, dove scoprire che buona parte dei pesci vengono immessi, mi ha un po’ deluso.
M: Boh…mai comprato…e non bevo latte.
M: Ah…quella la so perfettamente. Se sei un ottimo cliente dell'enoteca ti costa dai 150/160 euro in sù.

M: Quello non lo uso più

Direi gli occhiali polarizzati, un pile con cappuccio, che mi protegga dalla cervicale e il Richardson Chest Fly Box. Un capolavoro, dal 1951 sempre uguale.
M: Per lavoro ho molti più contatti di quelli che vorrei avere, quindi nel tempo libero sto bene da solo.
Inoltre i pochi contatti che ho, preferisco averli di persona.
Ad una chat preferisco sicuramente una telefonata.
Oltretutto, con questa artrosi alle dita dovuta all’acqua, faccio fatica a schiacciare i tasti!

Tra l’altro fai anche delle splendide foto perché da ragazzo vivevi a Londra e facevi l’assistente a un grande fotografo.
Non ci pensi nemmeno o ce l’hai in mente e prima o poi lo realizzerai?
M: E’ stato talmente faticoso fare bene quei due che hai appena citato che per adesso proprio non ho voglia di farne un altro. Oltretutto non baratto il mio tempo libero a pesca con niente.

A casa di Craig Mathews in una delle riunioni fatte durante la stesura del nostro libro Simple Fly Fishing.

M: Ho avuto la fortuna di trovare in età oramai matura la persona giusta, Daniela, e che è riuscita ad accettare il mio modo di vita un po’ particolare.
Oltretutto dotata di una figlia con la quale vado molto d’accordo (ndr: Giulia, giovane e brava psicologa) e che mi ha evitato i traumi genitoriali diretti


Con Daniela, compagna di vita e campionessa mondiale della specialità “Sopportazione di pescatore”.
M: Superata una certa età si tende a vivere di ricordi e parlare di un passato, inevitabilmente migliore.
Non ho questa tendenza e penso che i giovani, categoria che molto stimo, stiano crescendo con una sensibilità verso l’ambiente davvero notevole.
Parlando di acque, auguro loro di ritrovarsi a pescare in fiumi più puliti di quelli in cui noi abbiamo pescato e di non ritrovarsi a passare serate in club dove si discute se il vero pescatore a mosca pesca a secca o a ninfa.